13:50 giovedì, 09 marzo 2023
È come arrivare all’ultimo maledetto km di una maratona: quello che ti fa pregustare traguardo e riposo, ma anche il più duro perché nei piedi e nelle gambe hai già 41 km scollinati tra pensieri e fatica e non sai renderti conto delle energie, se le hai gestite bene per arrivare in fondo o se hai sbagliato passo. L’ultimo km del Brescia, è racchiuso nelle 10 giornate di campionato che restano da giocare. Se durante il Risorgimento ci fu da ribellarsi (la rivolta iniziò a marzo...) all’oppressione austriaca, qui c’è da opporsi a un destino che sembra già scritto, ma che scritto non è. Si può? Si deve.
E il Brescia - che un suo Risorgimento in realtà ha iniziato a imbastirlo dal dopo Pep Clotet («Già con Possanzini avevamo iniziato a cambiare marcia» capitan Bisoli non casualmente dixit) - delle ultime uscite fa pensare che effettivamente si possa fare. Piccoli segnali da aggregare per farne terreno solido sui quali poggiare i piedi in cerca di uno slancio vero. Questione, prima di tutto, dell’orgoglio ritrovato. In certe situazioni, finisce per non contare più nemmeno chi c’è in panchina: i giocatori a un certo punto sono chiamati a tirare fuori quel qualcosa in più. E pur dentro tutti i propri limiti tanto caratteriali quanto tecnici, il Brescia lo sta facendo.
A proposito di chi c’è in panchina, Daniele Gastaldello, va comunque sottolineato che l’ex vice, sul quale gravavano moltissime e inevitabili perplessità (anche da parte nostra) per via della sua «compartecipazione» al percorso di discesa libera intrapreso da una squadra che lo identificava con Clotet, ma anche con Cellino, è riuscito a farsi accettare. Il suo approccio da allenatore, è totalmente nuovo rispetto al pregresso in cui si atteneva alla linea del pugno durissimo dell’ex responsabile tecnico e ha inaugurato anche una nuova stagione del dialogo con i singoli. Gastaldello rischia del suo, i giocatori anche: siccome tutti sono sulla stessa barca, è molto più saggio cercare di venirsi incontro. Questa squadra, aveva da tempo bisogno di ricevere più attenzioni dall’interno e lo aveva capito prima di tutti Possanzini al quale va dato il merito dell’aver «stappato» l’aria.
Sta iniziando a dare frutti, o fruttini per ora, anche una certa continuità tecnica nelle proposte di formazione. I conti, con una rosa non funzionale e lacunosa, non tornano davvero mai, ma di certo nel riavviamento del motore, ha inciso anche la scelta concettuale del tecnico di puntare su uno zoccolo duro che possa rappresentare il meglio tra quanto a disposizione, in termini di tempra e muscoli: che contano più di tutto quando c’è da cercare di sopravvivere. La stessa formazione (Listokowski a parte, ma solo perché non era stato benissimo alla vigilia) per affrontare tre partite in una settimana: poteva essere un rischio da pagare in termini di stanchezza, invece sorprendentemente la squadra ha dato il meglio proprio nella terza partita. Vuol dire crescita.
Continuità di formazione e, coincidenza, continuità di risultati con due pareggi. «Risultatini » per ora, sui quali bisogna necessariamente far attecchire un qualcosa in più. La regola aurea degli scontri diretti, vuole che si debba almeno non perderli: ma a Venezia il Brescia è costretto ad andare cercando di forzare per quanto poi, sguardo al calendario, ci saranno da affrontare partite non impossibili come con Ascoli e Ternana e un altro paio di scontri diretti tra Spal e Cosenza. Il fatto è che il tempo stringe e il circolino delle partecipanti alla lotta salvezza è, purtroppo, molto ristretto.
Orgoglio, continuità, il gol ritrovato proprio da un simbolo quale è ormai Dimitri Bisoli, un feeling ristabilito con i tifosi (mentre è sempre più marcato il distacco della piazza da Cellino e non è sfuggito che anche la «mite» tribuna ha applaudito a striscioni e cori anti presidente): tutti ingredienti indispensabili ai quali però si deve aggiungere la certezza di essere tutelati dagli arbitri.
L’ennesimo torto subìto contro il Cagliari ha scatenato furia (bene aver rivisto i giocatori vibranti nelle proteste, vuol dire che sono «vivi»): occorre pretendere che nessun uomo col fischietto o seduto al caldo con un monitor davanti, pensi eventualmente di potersi permettere di recitare la parte del forte col debole. È odiosa la sensazione che stia accadendo ciò. Rispetto, per piacere. L’ultimo km è già duro così.