16:48 mercoledì, 04 ottobre 2023
Ritorno al rock, elettrico, vibrante e taumaturgico. Con il Gran Teatro Morato che straripa, i Negrita - alla prima data assoluta del nuovo tour - archiviano definitivamente la parentesi acustica degli ultimi anni, regalandosi un bagno di folla liberatorio (oltre 2.600 i presenti, di cui due terzi in piedi).
Lo avevano detto: «Alziamo il volume degli amplificatori, via gli sgabelli… si torna a saltare, si torna al rock!». Musica per le orecchie di chi - non solo il sottoscritto, evidentemente - continua ad avere una gran voglia di rock (ben) suonato: a dispetto dei frequenti canti funebri che gli vengono intonati, soprattutto in Italia, il r’n’roll resta materia vitale, e finché raccoglie spettatori entusiasti come quelli di ieri, è ovvio che non perirà.
Già quartetto, i Negrita sono ora un trio, con «Pau» Bruni a voce e armonica, «Drigo» Salvi e «Mac» Petricich alle chitarre; ma la potenza di fuoco raddoppia, nei live, con Giacomo Rossetti al basso, Guglielmo Ridolfo Gagliano alle tastiere, Cristiano Dalla Pellegrina alla batteria. Fanno tre pezzi - tra cui l’esplosiva «Il libro in una mano, la bomba nell’altra» - per scaldare l’atmosfera, quindi «Pau» si rivolge ammirato alla platea: «Siete tantissimi… È incredibile: non facciamo un album dal 2018, non facciamo un concerto che non sia acustico dal 2021… il teatro pieno è una gran soddisfazione. Abbiamo sentito tanta musica di plastica, in questo periodo decadente: noi avevamo voglia di altro… ora intendiamo goderci questo pulviscolo di magia che percepiamo… C’è una scaletta anche con pezzi che non facciamo da parecchio, come quelli che arrivano».
E allora via con «Io sono» (contenuto nell’album «Paradiso per gli illusi» del 1995), seguito dalla ballad «Non ci guarderemo indietro mai» (da «Radio Zombie» del 2001, uno dei loro dischi più riusciti). Quindi è un crescendo, avanti e indietro nel loro repertorio che ha quasi trent’anni, dalla cavalcata chitarristica di «Brucerò per te» - in cui si esalta la seicorde solista di Drigo - al battente e vorticoso «Negativo», al lenitivo «In ogni atomo», a «Il gioco» ritmato e ludico.
I testi delle canzoni dei Negrita dicono che la band aretina non ha mai voluto cambiare il mondo, quanto piuttosto rappresentare con orgoglio il suo tempo: ci riesce tuttora con efficacia, anche quando abbassa i decibel e diventa più languida, come nel caso di «Hemimgway», «Che rumore fa la felicità?», «Voglio solo stare bene» o dell’elegiaca «Non torneranno più».
C’è spazio per i ritmi sudamericani «raccolti nel nostro girovagare da zingari», per cui ecco la travolgente «Radio Conga», «Il ballo decadente» e, più tardi, «A modo mio». Anche per tanto altro, in verità - da «Rotolando verso Sud» a «Il giorno delle verità», passando per «Ho imparato a sognare» e «La tua canzone» - arrivando al finale arrembante («Cambio», «Mama Maé») di uno show di due ore, compatto e senza sbavature, trascinante, giustamente salutato da ripetute ovazioni.
I Negrita ripartono alla grande, ma dopo un’estate bresciana piena di concerti, anche l’autunno della Leonessa comincia in maniera promettente.