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Addio a Pizzul, il figlio di Vicini: "Con papā un'amicizia profonda"
15:03 giovedė, 06 marzo 2025
Addio a Pizzul, il figlio di Vicini: "Con papā un'amicizia profonda"

15:03 giovedė, 06 marzo 2025

Gianluca ricorda il rapporto della storica voce della Nazionale con il padre Azeglio: «Con papà amicizia vera nata ai tempi dell’Under 21».

Voce dell’Under 21 prima e della Nazionale maggiore poi, ma anche telecronista di tante partite di coppa delle squadre italiane o di «un tempo di una partita di serie A» la domenica dopo 90° Minuto. Volto tra gli altri di Domenica Sprint e Sport Sera, poi anche di «Quelli che il calcio». In una sola parola, giornalista. Bruno Pizzul se n’è andato ieri.

Nato a Cormons (Udine), è morto a Gorizia e avrebbe compiuto 87 anni sabato prossimo. Carriera in Rai, in radio come in tv, ha reso iconiche alcune espressioni («Ed è gol!», ma anche «Eh, giocano bene questi...» solo per citarne due), ma soprattutto è riuscito ad entrare nel cuore dei tifosi azzurri (dal 1986) nonostante non abbia mai «alzato» un trofeo con la Nazionale. Non c’è riuscito nel ’90, quando giocando il Mondiale in casa l’Italia era stra favorita. Ancor peggio gli è andata quattro anni dopo negli Usa, atterrito come tutti al rigore alto di Baggio. Nulla da fare a Francia ’98, un’altra volta ai rigori, fino addirittura al golden gol di Trezeguet agli Europei del 2000, una cosa più unica che rara. Nel 2002 l'ultima telecronaca della Nazionale: la sconfitta per 1-0 a Trieste con la Slovenia.

Club

Alla sua voce però sono legati i successi europei del Milan di Sacchi, o la Coppa delle Coppe della Samp. La ferita il 29 maggio 1985, quando toccò a lui raccontare la tragedia dell’Heysel. E basta andare a rivedere quei momenti per capire quanto Pizzul fosse bravo: indignato ma mai sopra le righe, attento ad ogni vocabolo, ad ogni virgola, sapendo che non solo le famiglie dei tifosi bianconeri in Belgio, ma milioni di persone davanti alla tv apprendevano ogni novità da lui. Momenti che solo un fuoriclasse, in questo caso del microfono, sa gestire al meglio.

Cuore

Il lungo periodo in Nazionale gli ha invece permesso di stringere un’amicizia vera, sincera, profonda, con il ct Azeglio Vicini. «Professionalmente sono cresciuti insieme – ricorda commosso Gianluca Vicini, figlio del commissario tecnico – perché Bruno seguiva l’Under 21 quando mio padre era l’allenatore, sopra c’erano Martellini e Bearzot. Poi papà arrivò in Nazionale A e con lui Pizzul. C’era stima, tantissima, diventata poi amicizia vera».

Cementata in tante estati sulla costiera romagnola. «Non si separava mai dalla moglie Maria, anche perché era lei a portarlo in giro visto che Bruno non aveva la patente. Venivano a Pinarella di Cervia e ricordo le tante cene insieme a loro. Papà faceva parte del Panathlon di Cesena, convinse anche lui ad entrarci. Si instaurò un legame forte tra loro due, ma anche con la terra romagnola. Tanto è vero che negli anni Ottanta mio padre scendeva in campo una sola volta all’anno, per una partita tra vecchie glorie proprio a Cesena e più di una volta convinse Pizzul a giocare».

Anche perché aveva davvero un passato da calciatore, «tanto che mio padre quando mi parlava di lui mi diceva sempre "Guarda che Bruno ne capisce, è uno che a calcio ci ha giocato davvero"». Una squadra? Il Catania, che nel ’59-’60 ottenne la promozione in A. Lui, difensore, non fece presenze in quella stagione, ma Gianluca Vicini ha un ricordo che lega Pizzul a Brescia. «Persero a inizio giugno l’ultima partita di campionato al Rigamonti 4-2, ma grazie al passo falso della Triestina andarono in serie A. E mi raccontò che festeggiò anche lui quel traguardo». Ma c’è spazio pure per un ricordo personale: «In una partita dell’Under 21 seguii mio padre a Cipro, Bruno mi tenne al suo fianco in cabina durante la telecronaca. Una grande emozione per me quindicenne che ancora oggi tengo nel cuore».