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Maddalena Damini
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Ettore Ravelli, la storica voce di "Buongiorno Brescia", va in pensione
14:12 lunedě, 02 dicembre 2024
Ettore Ravelli, la storica voce di "Buongiorno Brescia", va in pensione

14:12 lunedě, 02 dicembre 2024

Dalle «radio pirata» al terremoto sul Garda: i ricordi di chi per anni ha accompagnato la mattina di bresciani e bresciane.

Il suo «Buongiorno Brescia!» ha dato per anni la carica a migliaia di automobilisti diretti al lavoro. Ma se lo incontrate non chiedetegli da quanti anni dà la sveglia ai bresciani perché lui, che fa radio da circa mezzo secolo e ha condotto telegiornali e rassegne stampa per anni, alla fine, è un riservato, e glisserà.

Ettore Ravelli, storica (e inconfondibile) voce di Radio Bresciasette e per anni volto di Teletutto, va in pensione a fine mese. Contravvenendo alla sua richiesta di riservatezza («Non voglio una festa e non fare più di 4 righe sul giornale»), lo abbiamo messo alle strette e indotto a fare un Amarcord.

Come è iniziata la tua avventura davanti al microfono?

Ho sempre avuto la passione per la radio. Ho cominciato nel 1976-’77 con le prime radio pirata, poi con le private. Il mondo mi ha appassionato perché in radio non hai le immagini a supporto: devi saper raccontare, far vivere il momento, per questo è più difficile che con la tv.

Sei in diretta al mattino da che anno?

Non lo so (e ride), con Bresciasette da metà anni Novanta. Sono sempre stato nella galassia del Giornale di Brescia: sono capitato a Radio Classica Bresciana e, contemporaneamente, a Brescia tv che era al quartiere don Bosco, qui facevo i tg. Poi, con le varie acquisizioni, i due mondi si sono uniti. Nel frattempo, però, ho anche avuto una radio mia, negli anni Ottanta.

Dagli anni Settanta a oggi è cambiato molto...

Sono convinto che tutte le cose cambino in meglio. Oggi c’è la nostalgia per l’odore del nastro, per il rumore del nastro delle cassette da riavvolgere inserendo una penna per posizionarlo al punto giusto. E che poi, però, si impigliava provocando rumori strani, da qui l’abilità del conduttore di far finta di nulla e creare un diversivo. Sicuramente è cambiato il nostro linguaggio, e meno male! La fortuna per chi ha la mia età e fa ancora radio – e sono tantissimi – è che, avendo seguito tutti i passaggi tecnologici, non si trova in difficoltà. Conosciamo tanti trucchi, come tenere il disco fermo col panno, per sopperire alle difficoltà tecniche che si presentano. Non ci facciamo prendere dal panico, sappiamo che c’è sempre qualcuno che sta ascoltando e non sa che difficoltà hai in quel momento.

Hai i tuoi fedeli ascoltatori, negli anni sei sempre venuto in redazione a riferire i problemi del traffico e gli incidenti che loro ti segnalavano...

Li conosco per voce e nome. Loro mi trattano come uno di casa nonostante non ci siamo mai visti, si è instaurato un rapporto di fiducia che mi ha permesso tante volte di sapere quello che era successo nella notte. Sono entrato in molte case e in molte automobili. E capitava spesso che le persone, dovendo andare in un luogo, chiedevano informazioni sulla viabilità agli altri ascoltatori attraverso la mia voce.

Hai fatto anche tanta televisione come la rassegna stampa e il tg...

La maggior parte, però, mi riconosce per la voce, io faccio finta di nulla, soprattutto quando vedo che restano interdetti perché risveglio un ricordo che non mettono a fuoco... Oggi i social hanno tolto quella magia del non sapere che volto ha uno speaker, ma io non sono molto mondano.

Sei stato in onda in qualche momento particolare della Storia?

Ero a casa il 24 novembre 2004 quando ci fu il terremoto del Garda. Era da poco passata la mezzanotte, la terra aveva tremato poco prima e ho pensato che le persone non sarebbero state in casa, che avrebbero avuto paura; sapevo che il direttore di Teletutto dell’epoca, Fulvio Manzoni, stava per andare in diretta, allora sono corso in radio e ho mandato in onda la lunghissima diretta tv di quella notte. Poco dopo feci un viaggio per ritirare una cassetta nella zona di Salò e vidi che l’intuizione era corretta: la gente aveva paura a restare in casa ed era in auto o in strada con la radio accesa. La tv interessava gli altri. Percorrevo la strada piena di macerie e tutti ascoltavano la radio. Questa è la sua forza: più veloce della parola non c’è nulla. È ancora il mezzo più veloce.

Spesso è stata annunciata la morte della radio, ma non è stato così, anzi, vive una nuova giovinezza...

Credo che di tutti i mezzi sotto attacco, quelli che sembravano più consolidati sono più in pericolo della radio, che è avvantaggiata dalla rapidità che ha. Senza spostare grandi mezzi, con il solo telefonino, senza ponti, vai in onda in tempo reale. E poi è un collage straordinario di musica, informazione e mille altre cose. Chi vuol sentire un po’ di tutto, e una voce che sopperisca al sedile vuoto accanto, accende la radio.

Qualcosa di divertente?

Mi viene in mente una volta che ho fatto un tg mentre un operaio, che non si era accorto della diretta, trapanava il soffitto dello studio... Si è accorto che ero in onda solo ai saluti.

Com’è Ettore fuori dalla radio?

Monotono (e ride).

Non è vero... Sei anche nonno...

Sei volte nonno!

Cosa dicevano i tuoi figli quando, da piccoli, ti sentivano parlare in radio?

Quando un insegnante ha chiesto a uno dei quattro che lavoro faceva il papà, ha risposto: «Il mio papà non lavora, parla alla radio». Vedeva il divertimento... E non ci è andato tanto lontano.

E i nipoti?

Sono quelli più contenti della pensione. Non so cosa farò d’ora in poi... L’unica cosa della quale sono certo è che ascolterò Radio Bresciasette...