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Addio a Totò Schillaci, l'eroe di Italia 90: "Un idolo, un esempio"
15:33 giovedì, 19 settembre 2024
Addio a Totò Schillaci, l'eroe di Italia 90: "Un idolo, un esempio"

15:33 giovedì, 19 settembre 2024

I ricordi di Franco Baresi, Michele Serena, Gigi Maifredi ed Eugenio Corini: «Il suo esempio è vivo, è stato simbolo di caparbietà»

Dove eri, e che facevi quell’estate in cui divenne eroe nazionale, portando l’Italia a suon di gol (sei) a due passi dalla vittoria del Mondiale di casa? Ciascuno ha una risposta diversa, ma la colonna sonora è la stessa: «Un’estate italiana», evocativa di notti magiche.

Salvatore Schillaci è morto ieri, aveva 59 anni. Si è arreso a un tumore che aveva combattuto con coraggio. È - e resterà - tra i pochi uomini in grado di fermare la storia di un popolo all’esatto incrocio con la propria, in un preciso punto del tempo. Le speranze di un Paese e della sua gente - all’affaccio dell’ultimo decennio del secondo millennio - che s’intersecano con i sogni di un venticinquenne centravanti siciliano con gli occhi sgranati dopo aver fatto gol.

«Quasi si domandasse: ho segnato davvero io?», ragiona oggi Franco Baresi, leggenda bresciana, suo compagno in azzurro a Italia ’90. «È un giorno triste - afferma l’ex libero a mezza voce -. Ma l’esempio di Totò è vivo. È stato simbolo di caparbietà. Ha incarnato la forza di chi vuole diventare qualcuno provenendo da un contesto povero».

Come visse - nei momenti lontani dai riflettori - quel Mondiale? «Era il più coccolato e giocherellone di un gruppo molto forte - ricorda ancora Baresi -, composto da giocatori uniti, con un sogno nel cuore».

Michele Serena

Schillaci arrivò alla Juventus nell’estate del 1989. Boniperti lo considerava l’erede di Anastasi. Nel primo gruppo bianconero di cui fece parte trovò un giovanissimo Michele Serena, veneziano, oggi allenatore, ben noto dalle nostre parti per aver guidato la FeralpiSalò (2015 e 2017-2018). «Era come un orsacchiotto - la memoria dell’ex difensore -. Era al centro degli scherzi bonari dei compagni, un po’ per l’altezza, un po’ per la parlata. Fu un eroe nazionale con l’Italia, ma fu anche uno dei primi italiani ad... aprire la frontiera, andando a giocare all’estero, in Giappone, al Júbilo Iwata». Altri, tempo dopo, avrebbero seguito quella traiettoria, all’epoca per nulla usuale.

Maifredi e Corini

Nella stagione pre-Italia ’90, la prima di Schillaci alla Juventus, il bomber nato a Palermo aveva segnato 15 reti. Aveva vinto la Coppa Italia e la Coppa Uefa. In panchina c’era Dino Zoff. In quella successiva nell’exploit azzurro «era ormai una rockstar, proprio come il neo-acquisto Roberto Baggio», racconta Eugenio Corini, all’epoca dei fatti ventenne.

L’allenatore era Gigi Maifredi, altro bresciano. «Del nostro rapporto di lavoro - afferma - oggi non voglio parlare. Era un uomo del sud, mi aveva dato la propria amicizia, e l’amicizia di un uomo del sud è per sempre. Ogni volta che sono passato da Palermo mi ha aperto le porte di casa». Maifredi, nel 2008, aveva portato il progetto «Gladiagol» anche a Brescia. La sera del 7 agosto Totò fu una delle vecchie glorie sul campo da calcetto in piazza Loggia. Arrivò già nel pomeriggio. Guardava il centro della nostra città con occhi grandi e un po’ timidi, da cerbiatto. Rispose con garbo a ogni domanda.

Corini - da calciatore e da allenatore - ha vissuto anni a Palermo. «L’esperienza da compagni fu breve, ma ogni incontro successivo è sempre stato piacevole. Salvatore era solare, speciale, buono». L’ultimo incrocio è avvenuto lo scorso aprile all’aeroporto di Pisa. Eugenio in trasferta con i rosanero, Totò in transito. «Era felice per la buona riuscita della prima operazione, combattivo», ricorda Corini. Su Schillaci, ieri, è calata la notte. Eterna, sì, ma per sempre magica.