18:29 martedì, 02 luglio 2024
Contestazioni, processi, analisi al ct e ai giocatori dell’Italia sono all’ordine del giorno, la riflessione però va allargata per credere in un futuro più roseo.
Sì, fa tristezza ripensare a questo Europeo. Maxischermi già smontati, il tricolore nell’armadio fino a data da destinarsi, finiti aperitivi e cene di gruppo, se non a questo punto per osservare cosa faranno gli altri. Il torneo degli azzurri si è concluso come per una qualsiasi squadra di club retrocessa: giocatori dai tifosi che li ricoprono di insulti. Perché il calcio italiano, oltre a tutto il resto, è anche questo, senza distinzione di maglia.
Per il resto ci sono immagini e sensazioni già vissute: da una parte il processo a tutto e tutti, dall’altra un’ammissione generale di colpe condita come di consueto da vari «sì, però, mah, ecco...». Spalletti ha commesso degli errori e non può essere una scusante quella della manciata di partite prima di partire per la Germania: ci sono scelte sbagliate nelle convocazioni e poi nella scelta degli undici, tra cui insistere sul «figlioccio» Di Lorenzo palesemente fuori condizione. Passare dal girone agli ottavi rivoluzionando o quasi la formazione è stato il classico «all in» che non ha pagato.
Esempio: se Zaccagni all’ultimo respiro ti regala il pass quando sei già pronto a fare i bagagli, perché non farlo partire titolare con la Svizzera? Se non altro per l’adrenalina che ha dentro, di sicuro superiore a quella degli altri 25 azzurri. I quali però non possono essere giustificati ripensando a quanto si è visto: una delle immagini peggiori è forse quella dei volti prima del secondo tempo di sabato a Berlino.
Facce quasi rassegnate, non un minino di carica e di rabbia. E guarda caso pronti-via gli elvetici hanno confezionato il 2-0... Restano così agli archivi una vittoria con l’Albania in rimonta con brivido finale, una lezione dalla Spagna, un miracolo sportivo con la Croazia col pari all’ultimo secondo e la disfatta contro la Svizzera.
Ciò porta a pensare che ad essere rivisto sia l’intero sistema calcio italiano. E devono prenderne atto tutti, dalla Federazione ai tecnici azzurri compresi quelli delle giovanili, fino ad arrivare ai club e alle scelte dei giocatori.
Il successo di Wembley tre anni fa, esaltante ed emozionante sotto diversi aspetti, con gli occhi di oggi pare quasi aver messo la polvere sotto il tappeto. Ora è il momento di alzarlo, di accendere l’aspirapolvere e di dare una bella ripulita. Serve un azzurro brillante, quello sbiadito è davvero brutto...