18:18 luned́, 04 marzo 2024
Emozione palpabile al Gran Teatro Morato per il ritorno dell’artista dopo due anni di malattia.
C’era un’attesa curiosa al Gran Teatro Morato, sold out, per l’esibizione di Giovanni Allevi. E una palpabile emozione si è avvertita nello stesso compositore e pianista marchigiano al suo «ritorno alla vita», di nuovo protagonista in un concerto del Piano Solo Tour, interrotto due anni fa, causa (grave) malattia. Dopo la pausa forzata per curarsi dal mieloma che lo aggredì nel giugno 2022, Allevi non aveva infatti più suonato fino all’apprezzatissima incursione al Festival di Sanremo. Una volta seduto al pianoforte, tutto ciò che non è musica (emozioni, paure, ricordi) passa in secondo piano, salvo essere ripescato quando decide di esternarlo.
Rompe il ghiaccio con «Aria», Allevi, poi argomenta: «Durante la malattia mi sono avvicinato allo Stoicismo, corrente di pensiero nata in Grecia, che ebbe grandi rappresentanti latini come Seneca e Marco Aurelio: una filosofia che dice ‘non ti affannare, non cercare fama e riconoscimento’. Non sono molto d’accordo con la parte che prevede di adeguarsi allo status quo, ma qualche anno fa ho scritto un pezzo che ne conferma l’essenza, “Go with the Flow” (Segui la corrente). Che devo fare, allora? Boh... Ve lo suono!». Divertendosi un mondo - con quella gestualità scombiccherata da marionetta ansiosa e l’eterna massa di riccioli, ora brizzolati, che ne fanno il Caparezza della “new classic” nazionale - Allevi introduce i brani con esemplarità didattica, attingendo dall’aneddotica personale, senza mai rinunciare all’ironia: «Quando composi ‘Come sei veramente”, il pezzo aveva valenza intima. Poi fu scelto quale commento sonoro per una pubblicità di auto: ora, quando lo faccio, inevitabilmente mi passa davanti agli occhi una macchina...».
Di Allevi si è detto molto, nel bene e nel male, sovente esagerando nell’una e nell’altra direzione. Manifesta solo a tratti il respiro delle grandi forme classiche, «dove - per dirla con le sue parole - la musica si fa discorso, attesa, esplosione»; ma, sia pure adagiandosi su una struttura più esile e più breve, tipica del minimalismo nel quale non si riconosce, distribuisce suggestioni balsamiche, che accarezzano l’anima. Confermandosi artista moderno, con un’apprezzabile attitudine a tenui acquarelli piuttosto che ad affreschi di tumultuosa pregnanza: non è un limite, semmai l’espressione consapevole di un’epoca più malinconica (e intima) che non romantica.
Con «Japan» si tuffa nelle (sue) origini, visto che la compose a 17 anni. Poi ricorda «l’unico amico che avevo a vent’anni, don Mauro, conosciuto durante una confessione: è morto in un incidente, ma la sua fede e la sua energia sono passate incredibilmente a me, che non credevo in niente. Non ho avuto modo di ringraziarlo personalmente, ma per lui ho composto ‘Ti scrivo’ (nell’album ‘No Concept’, ndr)». Tra musica (dalla triste «Luna» alla vorticosa «L’idea», alla bizzarria confusa di «Panico») e parole, Allevi mantiene costantemente un appeal contagioso, strappando applausi a ogni battuta. L’ovazione che sale dalla platea, prima e dopo i bis (tra cui il «Te Deum» del barocco Charpentier), certifica un successo non effimero.