14:48 lunedì, 23 ottobre 2023
Il Brescia è ripartito, il Brescia va. Animato da spirito nuovo e da quella unità di intenti che fu gravissima assente la passata stagione. La sensazione, andandoci piano, è quella di essere in presenza di una vera rinascita. Però, resta un però.
La classica trave in mezzo a una stanza che è impossibile fingere di non vedere. C’è sempre, sullo sfondo, e quindi facente parte del quadro, una spaccatura profonda tra la tifoseria, l’ambiente in generale, e Massimo Cellino. Un solco che non si capisce come possa essere colmato e quale fattore possa intervenire per cambiare il corso di una storia che appare compromessa.
Con i più, tra i tifosi più caldi - in aperta contestazione da ormai un anno solare «giusto» ma anche dentro la Brescia più moderata, a chiedere e auspicare il passaggio di mano della società. Come del resto lo stesso Cellino aveva annunciato di voler fare, incaricando un advisor di raccogliere manifestazioni di interesse.
In mezzo, dopo una devastante retrocessione, c’è stata un’estate caratterizzata da grandissima incertezza sulla categoria accompagnata perdipiù da un Cellino versione «faccia da poker» anche nei confronti dei suoi collaboratori tra chi era pronto a giurare «venderà» e chi invece «rilancerà».
Bene: dopo mesi di indiscrezioni e mezze voci ha vinto chi era convinto che alla fine Cellino avrebbe rilanciato. E infatti: «Ho sospeso le trattative per la cessione del club. Trattative che peraltro non ci sono nemmeno mai state perché sono state tutte mezze cose non realistiche o non celeri senza i necessari presupposti. Senza contare che gli scorsi mesi, quando ero stato "commissariato", la società me la ero trovata in vendita tramite annuncio giornalistico aprendo le porte a faccendieri. A ogni modo, ho riflettuto e lasciare la situazione nell’incertezza non avrebbe fatto bene a nessuno quindi ho fatto il mercato, ho rinnovato i contratti e avviato come si doveva la stagione. Lo scorso anno è andata come è andata anche perché io ero sotto un treno, non c’ero con la testa e la squadra ha perso l’anima».
Parole firmate da Massimo Cellino dentro un’ampia intervista tv rilasciata a Teletutto per la trasmissione «Messi a fuoco» sul caso scommesse, ma nella quale c’è stato modo anche di sollevare i temi più caldi per coloro che da mesi e mesi si chiedono quale futuro è previsto per il Brescia. L’intervento, verrà trasmesso questa sera all’interno di «Parole di calcio» su Teletutto alle 20.30 (canale 16 del digitale terrestre). Avanti con Cellino dunque. Ma Cellino del Brescia in estate parlò così: «Non è più affare mio».
«È vero che in quei giorni, ancora assorbito dalle mie vicende che per fortuna si sono risolte, del Brescia mi sarei voluto liberare perché avevo paura anche di prendermi un caffé. Per questo avevo dato mandato a una società di valutare il mercato. Ma nessuno mi ha mai davvero chiesto il Brescia».
«Il Brescia non ha per me un prezzo perché non ho considerato di venderlo non essendoci stato nessuno che lo ha chiesto. Se qualcuno si presentasse farei presto per risparmiare tempo. Chiederei: quanti soldi hai? Quanto vuoi spendere? Sarei stato anche disposto a rimetterci qualcosa se si fosse fatto avanti qualcuno di serio. Ma non si sono verificati i presupposti. E andare avanti a cercare presupposti appunto, sarebbe stato deleterio e avrebbe ricreato le basi per andare a finire male come l’anno scorso. Siamo stati all’inferno e siamo stati ripresi per i capelli grazie ai nostri conti».
«Io con l’ambiente non ho problemi. E se il riferimento è alla contestazione dei tifosi organizzati io con loro avevo un ottimo rapporto. Non mi hanno mai ricattato, non mi hanno mai chiesto un euro... Poi però quando avrei avuto bisogno di una pacca sulla spalla, siccome forse hanno creduto più a certe cose che sono state dette loro che al presidente, mi hanno "dato uno schiaffo". E io sono un permaloso».
«Io non ce la faccio a cercare baci. Conosco solo una cura: le vittorie. Vincere il più possibile e far ricredere tutti attraverso il campo. Solo così potremo meritarci la fiducia che in noi è stata persa. Ma non si può vincere se si ha paura e questa squadra ne ha ancora. Io non chiederò mai che smettano i cori contro di me, ma un presidente fa parte di una squadra e anche la squadra ne risente, appunto a livello di paura, e subisce. Questo bisogna saperlo. Per me come presidente è anche un dovere accettare le contestazioni, è giusto che sia giudicato e mi prenda i "vaffa". Però con rispetto. Minacce e tentate aggressioni come ci sono state non possono starci».
Tra le tante cose che a Cellino vengono imputate, c’è anche la frase «porterò il Brescia e Brescia fuori dalla mediocrità»...«Qui nulla è mediocre. Semmai è la città che pensa di esserlo. Brescia è un posto eccezionale e se sono ancora qui è perché lo è anche la maggior parte della sua gente: l’emblema è Daniele Scuola che con grande sensibilità ha fatto un grande gesto sponsorizzando la squadra al momento giusto... Ma Brescia non inizia e non finisce in piazzale Arnaldo: è più grande e merita che questa sua grandezza entri in competizione. Si deve guardare più al futuro mentre qui si guarda sempre al passato, anche calcisticamente. A me offende che sull’esterno dopo gli incidenti dei play out Brescia abbia dato una immagine di ciò che non è. Io mi impegnerò anche per rimediare ai miei errori, ma vorrei dividere sia qualche responsabilità, sia qualche vittoria.
Non ho contribuito a migliorare il concetto, ma questi ultimi anni tra le mie vicende e il Covid sono stati duri per tutti. Questo è anche il momento che i bresciani sentano più loro il Brescia, ognuno con una goccia, comprando un biglietto in più o con l’imprenditore che prende un box allo stadio... In A si potrà tornare tutti insieme».